DDL BILANCIO: MASTROCINQUE (INAC-CIA), SU WELFARE MISURE NON INCISIVE. OK PENSIONI MA URGE RIFORMA

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“la manovra appena varata non contiene quelle misure auspicate a sostegno del welfare e rimanda nuovamente il tema della riforma strutturale delle pensioni. certamente ha pesato la poca disponibilita’ di risorse dopo gli aiuti necessari per fronteggiare i rincari energetici”. questo il primo commento a caldo del presidente del patronato inac-cia, alessandro MASTROCINQUE sulla legge di bilancio per il 2023, appena varata. “la quota 103 – spiega il presidente di inac-cia – con 41 anni di contribuiti e 62 anni di eta’ interessera’ pochi connazionali, anche in considerazione di un’entrata nel mondo del lavoro che gia’ dagli anni novanta e’ slittata fortemente in avanti. oggi, ammesso che i giovani trovino un’occupazione, difficilmente entrano nel mondo del lavoro retribuito prima dei 25/30 anni, quindi con il requisito di 41 anni di versamenti questi soggetti avranno un’eta’ anagrafica ben superiore ai 62 anni, richiesti dalla nuova misura. per essere realisti, le persone che hanno 41 anni di contributi versati sono, oggi, in maggioranza, settantenni. altra nota negativa e’ il restyling di ‘opzione donna’ anche peggiorativa della versione precedente, che gia’ aveva poco appeal per le lavoratrici. adesso con l’introduzione di requisiti ancora piu’ vincolanti (74% di invalidita’ o la condizione di caregiver della richiedente) la platea delle potenziali fruitrici si ridurra’ a poche centinaia di unita’. la misura ‘ape social’, prorogata, mantiene purtroppo – rileva alessandro MASTROCINQUE – il vizio originario e non include i lavoratori autonomi tra i possibili beneficiari. bene, invece, il ritocco delle pensioni minime e la rivalutazioni delle pensioni, anche se alcuni meccanismi applicativi andavano meglio congeniati, visto che alcuni connazionali si vedranno decurtati gli assegni invece che incrementati. l’aspetto piu’ negativo della manovra e’ la misura ‘salva calcio’ che stride con le difficolta’ di tantissime persone che sopravvivono sotto la soglia di poverta’, con una disponibilita’ di circa 600 euro al mese. sarebbe stato preferibile investire i 900 milioni di euro di fondi pubblici per le fasce di popolazione piu’ bisognose, che stanno ingrossando le sacche di poverta’, anziche’ destinarli ad aziende private che pagano stipendi plurimilionari”.