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“nel 2024 e’ scoppiato piu’ di un allarme alimentare al giorno legato al cibo importato in italia dall’estero, in aumento del 75% rispetto allo stesso periodo del 2023, tra prodotti contaminati con metalli pesanti, pesticidi oltre i limiti, sostanze vietate in europa o batteri. e’ quanto emerge dall’analisi coldiretti su dati del rasff, il sistema europeo di allerta rapido, relativa all’anno in corso diffusa in occasione della giornata per la sicurezza alimentare indetta dall’onu il 7 giugno”. lo rende noto un comunicato della coldiretti, che cosi’ prosegue: “l’obiettivo e’ quello di accrescere la consapevolezza sull’importanza che la sicurezza sanitaria degli alimenti di ogni genere riveste per la tutela della salute di tutta la popolazione. sono ben 208 le allerte sanitarie notificate nel nostro paese tra gennaio e inizio giugno 2024. di queste quasi un quarto – rileva coldiretti – viene dalla cina che si piazza in testa alla classifica dei paesi da cui arrivano piu’ cibi contaminati, davanti a spagna (principalmente per prodotti ittici come il tonno con residui di mercurio oltre i limiti) e turchia (in particolare per le aflatossine nei pistacchi, problema che riguarda anche l’iran). proprio da cina e turchia provengono gli ultimi arrivi di prodotti stranieri su cui coldiretti ha acceso i riflettori della cronaca, con due blitz degli agricoltori al porto di bari e salerno a difesa della salute dei cittadini, battaglia partita dal brennero con una mobilitazione di oltre 10mila produttori da tutta italia. tra i prodotti dannosi, si va dai fagioli del bangladesh con il chlorpirifos, sostanza bandita in ue che si ritrova anche nel riso basmati proveniente dal pakistan, ai polpi indiani e alle seppie congelate albanesi al cadmio. ma ci sono anche – continua coldiretti – tonno spagnolo al mercurio, ostriche portoghesi col norovirus, carne di anatra ungherese alla salmonella, solo per fare alcuni esempi. ai rischi sanitari per i cittadini si aggiunge peraltro il problema della concorrenza sleale ai danni degli agricoltori italiani ed europei poiche’ l’ue – denuncia coldiretti – continua a permettere l’ingresso di prodotti che non rispettano le stesse regole in fatto di sicurezza alimentare, rispetto dei diritti dei lavoratori e tutela dell’ambiente. basti pensare all’utilizzo di pesticidi banditi da decenni nel nostro continente. un quarto di quelli usati negli stati uniti risulta vietato nella ue e le percentuali salgono se si tengono in conto i paesi del sudamerica, secondo il centro studi divulga. ma sono tanti anche i prodotti alimentari che ogni giorno finiscono sulle nostre tavole accusati di essere coltivati e ottenuti grazie allo sfruttamento di bambini, dal sudamerica all’asia fino alla vicina turchia, secondo l’analisi della coldiretti sui dati del dipartimento del lavoro usa. si va dalle banane dal brasile al riso birmano, dalle nocciole turche ai fagioli messicani, dal pomodoro cinese fino alle fragole dall’argentina e ai gamberetti tailandesi. serve il principio di reciprocita’ delle regole. da qui la richiesta di coldiretti di affermare in europa il principio di reciprocita’, ovvero stesse regole uguali per tutte a partire dai fattori di produzione, e di trasparenza ai consumatori, con l’introduzione dell’etichettatura obbligatoria dell’origine su tutti i prodotti alimentari in commercio nella ue. ma per evitare che gli stessi prodotti stranieri vengano addirittura spacciati per italiani serve anche modificare il codice doganale sull’origine dei cibi, che permette oggi di diventare ‘made in italy’ un prodotto grazie al principio di ultima trasformazione sostanziale. primati made in italy da difendere. da difendere ci sono i primati della filiera agroalimentare italiana in fatto di qualita’ e di sicurezza, come confermato anche dall’ultimo rapporto efsa secondo il quale – conclude coldiretti – i cibi e le bevande importati in italia sono 5 volte piu’ pericolosi di quelli made in italy con il numero di prodotti agroalimentari stranieri con la presenza di residui chimici irregolari che e’ stato pari al 2,6% rispetto ad appena lo 0,5% di quelli nazionali”.