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Vinitaly: Cia, contro i dazi Usa più risorse e misure per competitività
settore

Fini all’evento inaugurale: “Negoziare con Trump e risolvere fragilità
interne. Basta allarmismi e restrizioni sul vino, si cambi politica e
narrazione. Nel comparto Made in Italy la forza di oltre 200 mila
viticoltori

Verona, 6 apr – “La batosta trumpiana sul vino Made in Italy svela le crepe
di un comparto da 2 miliardi di euro di fatturato sulla piazza americana,
la prima per le etichette tricolore, ma anche lungamente in balia di una
politica restrittiva e discriminatoria, a livello nazionale e Ue, che il
settore non può più sostenere. Mentre auspichiamo, quindi, un negoziato
importante rispetto ai dazi Usa al 20% su tutti i prodotti europei, food &
beverage compresi, invitiamo l’Europa e l’Italia a fare meglio, adesso,
quanto meno su etichettatura allarmistica e Codice della strada”. Così il
presidente nazionale di Cia-Agricoltori Italiani, Cristiano Fini, oggi
all’inaugurazione di Vinitaly, a Veronafiere fino al 9 aprile.

“Questa guerra commerciale va chiaramente fermata -ha detto
Fini-, all’orizzonte lascerebbe solo perdenti, quando è importante, invece,
catalizzare il momento per affrontare il fenomeno dell’Italian sounding,
che vale già più di 100 miliardi, e dotarci di una più adeguata
regolamentazione Ue a contrasto delle pratiche commerciali sleali”.

La scossa questa volta è forte. Il settore vitivinicolo nazionale è senza
dubbio tra i più dinamici del panorama agroalimentare italiano, sulle cui
esportazioni oltreoceano incide per il 26% e con un incremento annuo del
7%. Da tutelare, i vini bianchi Dop del Trentino-Alto Adige e
Friuli-Venezia Giulia, con una quota di export in Usa del 48% e un valore
esportato di 138 milioni di euro nel 2024; i vini rossi toscani Dop (40%,
290 mln), i rossi piemontesi Dop (31%, 121 mln) e il Prosecco Dop (27%, 491
mln).

“In Europa, adesso, il dibattito va portato al suo punto finale -ha
aggiunto-. Il Pacchetto vino dovrà compiere uno sforzo maggiore. I
produttori del settore vanno liberati dai troppi oneri burocratici e
incoraggiati con più risorse e misure per la promozione, la crescita e la
diversificazione. Diversamente, sarà proprio impossibile guardare ai nuovi
mercati. Infine, speriamo sia davvero l’occasione per salutare il
Nutriscore, basta con le etichette allarmistiche e le imposte sul consumo
di vino, perché la narrativa deve cambiare puntando piuttosto sul valore di
scelte più consapevoli, su più spazio a tracciabilità e qualità in
etichetta, chiara e non fuorviante”.

Da parte del presidente di Cia il richiamo è anche alla fragilità interna
del mercato vitivinicolo che copre l’1,1% del Pil nazionale, ma che risente
del calo dei consumi (del 21% negli ultimi 30 anni, del 5%, si stima, con
l’introduzione del nuovo Codice della strada) e di una riduzione totale del
15% degli ettari investiti da inizio millennio.

“I margini di sviluppo ci sono -ha sottolineato- Abbiamo dalla nostra quasi
30 milioni di persone che bevono vino in Italia, ed è un dato stabile.
Cresce la produzione delle IG, c’è interesse per i dealcolati. La
viticoltura italiana ha radici solide, forti di tradizioni e cultura, che i
nuovi trend devono poter valorizzare. Serve però più coraggio, ora per
essere ancora più attrattivi, efficienti e competitivi. Siamo pronti a
chiudere il cerchio, a sostegno degli oltre 200 mila viticoltori italiani,
per trasformare questa crisi in opportunità. Con le istituzioni Ue e il
Governo, però -ha concluso Fini- diamoci come condizione di base
indispensabile, un’impalcatura forte di provvedimenti e risorse che
sostengano e accompagnino, davvero, reddito e investimenti”.

L’AGENDA DI FINI E IL PROGRAMMA DI CIA AL VINITALY: bit.ly/3FP28bp