SCANAVINO (CIA), BELLANOVA AFFRONTI CON FERMEZZA ORGANIZZAZIONE FILIERE E LINK ALIMENTARE-TURISMO

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di Letizia Martirano

Schivo e riservato, il presidente della Cia-Agricoltori Italiani e’ reduce dalle prime due tappe del viaggio che l’organizzazione ha intrapreso nelle aree marginali italiane. “Il Paese che vogliamo” e’ il titolo scelto per questo progetto, il cui obiettivo e’ indicare alla politica le questioni da affrontare, per consentire a coloro (agricoltori e non) che vivono sulla dorsale appenninica di colmare il gap con le aree del paese piu’ centrali. Il discorso pero’ cade inevitabilmente sul nuovo governo PD in particolare sulla ministro delle politiche agricole Teresa Bellanova.

Cosa si aspetta il Presidente della Cia?

Confidiamo che la ministra Bellanova dia garanzie al settore e affronti con fermezza le tante sfide che ci attendono, come l’organizzazione delle filiere agro-industriali e il collegamento tra alimentare e turismo, attraverso il rafforzamento della tutela dei prodotti legati al paesaggio, temi sui quali Centinaio ha aperto dossier di qualita’ nel precedente governo.

E’ davvero utile, secondo lei, il collegamento tra turismo e agricoltura?

Dico questo, avendo di fronte l’esempio delle Langhe e del Monferrato che, dopo il riconoscimento dell’Unesco, hanno incrementato esponenzialmente il loro turismo facendo registrare anche una notevole impennata nell’acquisto di immobili.

A cosa mira il vostro viaggio attraverso le zone marginali? 

La Cia-Agricoltori Italiani ritiene che la produzione agricola sia solo una delle componenti dell’economia delle aree rurali che, faccio notare, nella sola dorsale appenninica ospitano 10 milioni di abitanti arrivando a 23 milioni quando si lambisce la citta’. Con il nostro progetto “Il Paese che vogliamo” intendiamo dare voce a questa popolazione, a partire dagli agricoltori la cui vita non e’ agevole.

La sopravvivenza degli agricoltori e’ a rischio secondo lei?

L’autonomia reddituale degli agricoltori non esiste neppure nelle aree padane che competono con la Baviera figuriamoci in quelle marginali. Se viene meno la PAC e’ un disastro. A questo riguardo noi abbiamo sottolineato a suo tempo che la proposta di riforma del commissario Hogan era positiva e che fosse meglio non modificarla. Ci auguriamo che non sia stravolta dalla nuova commissione, che ci sia una migliore distribuzione delle risorse e che i PSR siano impostati in modo flessibile.

Per rafforzare la posizione contrattuale degli agricoltori come si potrebbe intervenire?

Il governo potrebbe creare, senza coercizione ovviamente, filiere vere come luogo di progettazione e programmazione.

Piu’ precisamente?

In sostanza, per evitare che nella catena del valore sia sempre l’agricoltore a soffrire, il governo puo’ imporre una finalizzazione delle risorse dedicate dai piani di sviluppo rurale all’agro-industria, che rispondano allo sviluppo socio economico delle aree rurali. L’imprenditore al quale fosse riconosciuta questa sensibilita’ avrebbe il vantaggio di una distintivita’ delle proprie produzioni.

Distinte come?

Noi siamo contrari all’etichettatura generica “prodotto italiano” o altro, perche’ questo non incide positivamente sul reddito di chi produce la materia prima. L’esempio piu’ indicativo e’ costituito dalla trasformazione dei suini.

E dunque?

Riteniamo che siano essenziali i consorzi di tutela perche’ si tratta delle uniche esperienze positive attraverso le denominazioni di origine perche’ chi produce e coinvolto. Questo processo va sostenuto mentre il generico “100% italiano” rischia di creare un Italian sounding. Il valore aggiunto a mio parere sta in un patto che incorpori nel valore strettamente merceologico anche salute, ambiente, benessere animale, peculiarita’ del territorio. Questo approccio va finanziato e sono certo che questa impostazione puo’ riguardare anche la grande filiera industriale.

Come ha fatto Ferrero nelle Langhe?

Il modello Ferrero e’ interessante da questo punto di vista anche se ora le cose stanno cambiando rispetto al passato in cui era piu’ evidente la scelta di mantenere un equilibrio antropico nel territorio di riferimento. In ogni caso con Ferrero Cia-Agricoltori Italiani sta sottoscrivendo per i propri associati protocolli etici. Anche nel Sud e ci sono aziende che lavorano il grano e che hanno un approccio positivo con i produttori il che crea un processo di fidelizzazione tra allevatore, macellaio e consumatore che si ritrova anche in Piemonte, per esempio nell’area del Nizza Monferrato, nel settore della produzione e vendita della carne.