SONNINO (FIDAF), IL METODO PARTECIPATIVO PERMETTE DI GIUNGERE A DECISIONI CONDIVISE, LE UNICHE EFFICACI NEL LUNGO PERIODO

(riproduzione riservata)
di Letizia Martirano

Andrea Sonnino è da alcuni mesi presidente della FIDAF, la Federazione Italiana Dottori in Agraria e Forestali. Attualmente e’ Professore di “Produzioni vegetali di qualità” per il Corso di laurea in Scienze e Culture Enogastronomiche dell’Università Roma Tre e docente del corso telematico di “Ecologia e sostenibilità” dell’Universitas Mercatorum di Roma. In passato il presidente della Fidaf, accademico corrispondente dei Georgofili,  ha lavorato all’Enea e alla Fao. Durante la sua carriera Sonnino ha pubblicato circa 150 lavori su riviste scientifiche internazionali e nazionali, è autore o curatore di 13 libri, ha ottenuto 3 varietà migliorate e una biotecnologia brevettata.
In questa intervista il presidente della Fidaf traccia il programma di lavoro della Federazione.

Qual e’ il programma della sua presidenza? 

Il genere umano sta affrontando la sfida più grande mai affrontata nella sua storia: nutrire una popolazione crescente, vieppiù urbanizzata, colta e ricca, e quindi vieppiù esigente, senza erodere le risorse naturali che costituiscono la base stessa della produzione di cibo. In altre parole: assicurare la sicurezza alimentare e nutrizionale alle generazioni presenti e a quelle future. Per vincere questa sfida senza precedenti è necessario promuovere sistemi agroalimentari sostenibili. I laureati in Agraria e Forestali, ovviamente in collaborazione con altri attori, sono e sempre più saranno i protagonisti dello sviluppo delle conoscenza e delle loro applicazioni necessarie alla costruzione della sostenibilità. La FIDAF è la loro organizzazione.

Non le sembra un obiettivo eccessivamente ambizioso visti gli scarsi mezzi FIDAF di cui la Fidaf dispone?

Certo, la sfida fa tremare le vene dei polsi, soprattutto tenendo presente la scarsezza dei mezzi che possiamo mettere in campo. Ma la natura stessa della nostra organizzazione ci spinge ad interpretare tre importantissimi, insostituibili ruoli: mettere a frutto l’enorme serbatoio intellettuale espresso dai nostri colleghi per effettuare le analisi e le riflessioni collettive necessarie ad avanzare proposte concrete e innovative; propugnare nelle opportune sedi idee, concetti e proposte per la sostenibilità, sia per migliorare la consapevolezza del grande pubblico, che per influenzare i processi decisionali a tutti i livelli; raccogliere, analizzare, sistematizzare e condividere informazione relativa al sistema agroalimentare. A questi tre ruoli va affiancato un grande sforzo di rafforzamento interno dell’organizzazione e di reperimento di fonti di finanziamento. Anche con pochi mezzi si può incidere significativamente.

Assodato che social media e internet la fanno da padroni, non crede che cio’ oscuri il ruolo delle associazioni? 

Social media e internet sono strumenti fondamentali. Concordo con lei: bisogna imparare a usarli meglio. E non nascondo che incontriamo qualche difficoltà in questo campo. Ma non dobbiamo dimenticare che sono strumenti, non obiettivi. Gli strumenti vanno riempiti di contenuti, altrimenti rimangono fini a se stessi.  La riflessione collettiva, la condivisione di idee, il confronto di opinioni possono utilizzare canali moderni o canali classici, ma non possono essere sostituiti.

Professionisti e tecnici che operano nel sistema agroalimentare, come i loro colleghi di altri settori, non riscuotono grande fiducia. La FIDAF ha una strategia di contrasto?

Lei ha toccato un tasto particolarmente delicato, e particolarmente dolente per tutti noi. La FIDAF ha avviato una grande iniziativa, l’Osservatorio sul dialogo nell’agroalimentare, per affrontare questo problema. Invece di lamentarci tra noi per quanto poco siamo compresi, abbiamo deciso di consultare tutti gli interlocutori, di ascoltare le loro argomentazioni, di ragionare insieme sulle possibili soluzioni, nel riconoscimento delle rispettive conoscenze e nel rispetto dei rispettivi ruoli. Ne è nata una serie di incontri, culminata con un workshop tenuto il 7 giugno scorso all’Orto Botanico di Roma. Stiamo ora elaborando i contenuti ricchissimi che ne sono scaturititi e contiamo di presentare presto delle conclusioni e delle proposte operative concrete. Posso anticiparne una: il metodo partecipativo offre l’opportunità di giungere a decisioni condivise da tutte le parti interessate, le uniche che poi si dimostrano efficaci nel lungo periodo.