FRANCIA, PRESIDENTE AGIA-CIA, PER AZIENDE SOVVENZIONI DIRETTE DELLO STATO E CREDITO DEDICATO ANCHE IN VISTA DEL DOPO EMERGENZA

Di Letizia Martirano

Non puo’ che essere l’emergenza sanitaria,  le ricadute sulla filiera agricolo-alimentare e le conseguenze sociali il nocciolo di questa intervista con Stefano Francia, presidente  dei giovani di Cia-Agricoltori Italiani. Francia e’ molto coinvolto, anche in ambito europeo, nel dibattito sulle sfide dell’agricoltura del futuro e particolarmente sensibile – anche perche’ presidente del Condifesa di Ravenna – alle questioni che riguardano la gestione dei crescenti rischi che il settore corre per la molteplicita’ di avversita’ che colpiscono le colture. 

Di Letizia Martirano

 

Condivide quanto sostiene il Rapporto Ismea circa il fatto che l’agroalimentare italiano sta tenendo nonostante le tante difficolta’ nelle prime settimane di diffusione del Coronavirus?

 

L’analisi di Ismea da conto di un prevedibile cambiamento nel settore agroalimentare, evidente e diretta conseguenza di un nuovo stile di vita richiesto dal governo ai cittadini per contenere il Coronavirus. Siamo in una fase insolita per il Paese e per il mondo intero.  Possiamo vederla come transitoria e momentanea, ma anche come spartiacque verso assetti organizzativi alternativi e diversificate modalita’ di scelta, acquisto e consumo. E’ una situazione che va monitorata, senza lasciare il timone durante la tempesta.

 

Come?

 

Per farlo occorre andare oltre il dato, comunque positivo, per affrontare con lucidita’ le criticita’ emerse, settore per settore. Qualche esempio. E’ vero che i cittadini stanno scegliendo il negozio di prossimita’ ma, allo stesso tempo, tanti agricoltori che fanno vendita diretta nei mercati o con botteghe proprie sono al momento inattivi per disposizioni nazionali e regionali. Il sistema agrituristico e, con esso, le fattorie didattiche ferme, e’ al chiodo. Il che obbliga i produttori a cercare nuova collocazione per i propri prodotti che difficilmente si trova se non era gia’ puntato sulla diversificazione. Il settore olivicolo non sta soffrendo perche’ non e’ stagione ma soffre l’ortofrutta, ormai in fase di raccolta ed estremamente a rischio per la carenza di manodopera straniera. Per non parlare del florovivaismo: 24 mila aziende del settore che con 2.5 miliardi di fatturato rappresentano il 5% della produzione agricola nazionale. In piena primavera, sono stati a rischio il 60% dei ricavi annuali dell’intero sistema con perdite fino al 100%.

 

La situazione e’ cambiata?

 

Nelle ultime settimane, anche grazie ad un pressing importante fatto nei confronti delle istituzioni, sono stati raggiunti risultati significativi come l’autorizzazione alla vendita di fiori e piante, poi consentita anche al dettaglio. Primi passi che il Governo deve rafforzare pero’ con aiuti concreti ai florovivaisti, valorizzando la produzione italiana nel medio e lungo periodo, intervenendo anche sulla vendita in ipermercati e supermercati. L’invito a tutti e’ a scegliere piante Made in Italy. 

 

Quali altri settori sono in difficolta’ secondo lei?

 

Per effetto poi della chiusura di alberghi, ristoranti e agriturismi sia a livello nazionale che internazionale, non sta andando bene neanche a prodotti come il vino con eccesso di giacenza di prodotti in cantina a ridosso della prossima vendemmia e che vede in crisi percentuali rilevanti dei flussi complessivi di export. La filiera del vino ha chiesto una forte flessibilita’ nelle misure esistenti, un tavolo vino al Mipaaf e un Piano strategico di sostegno all’export vitivinicolo nazionale.

 

La zootecnia in che situazione e’ secondo le analisi della Cia?

 

Il settore avicolo sta registrando un aumento degli acquisti. Questo perche’ e” una filiera integrata e poco dipendente dall’estero. Di contro, invece, il comparto bovino non riesce a soddisfare la domanda domestica e ha eccedenza di tagli destinati a ristoranti ed export. Le cose non vanno per niente bene per il lattiero caseario con criticita’ ovvie per il fresco, formaggi e latte. Le famiglie scelgono sempre di piu’ la lunga conservazione, mentre noi continuiamo ad insistere sull’importanza alimentare del fresco.

 

Cosa bisognerebbe fare per il latte?

 

E’ il momento opportuno per facilitare la trasformazione del fresco in UHT in genere di provenienza straniera. Il problema importazioni e’ esploso per via delle speculazioni della grande distribuzione che acquista latte estero, il cui prezzo e’ piu’ basso per via del minor costo della manodopera e dei minori controlli. Le aziende italiane dovrebbero acquistare dagli allevatori italiani e dovremmo rivedere le logiche dell’intera filiera. 

 

E’ da queste constatazioni che nasce l’appello di Cia #Gdocompraitaliano?

 

Esattamente. Sugli scaffali, infatti, ci sono ancora troppi prodotti da Francia, Spagna, Germania e Olanda. Noi stiamo insistendo perche’ si privilegino approvvigionamenti da aziende agricole italiane, in grado di garantire, in qualsiasi momento, qualita’, tracciabilita’ dei prodotti e sicurezza alimentare. E’ strategico per la stessa grande distribuzione garantirsi un approvvigionamento “di prossimita’” anche in un’ottica di “gestione dei rischi”. Pensiamo per esempio, al tema dei trasporti su lunghe distanze. Un solido tessuto d’imprese agricole e’ sicurezza e garanzia per tutti i cittadini e anche per la stessa Grande distribuzione. Ipermercati, supermercati e negozi di generi alimentari devono consentire, in questo momento di emergenza, una vera ripresa dell’agricoltura italiana che tra l’altro non sta lesinando sacrifici e impegno. Certo e’ cosi’ perche’ non puoi dire alle piante di non fare frutti, ne’ agli animali di smettere di produrre, ma anche perche’ e’ nel Dna degli agricoltori e allevatori. Al primo posto la salvaguardia dei beni alimentari di prima necessita’.

 

Quali provvedimenti vanno presi per assicurare la tenuta economica delle imprese coinvolte nel lockdown?

  

Alle imprese agricole serve immediata liquidita’. Occorre massima flessibilita’ e proroghe, anticipo dei pagamenti per il 2020 e redistribuzione degli arretrati della Pac, revisione dei piani di sviluppo e definizione di un Piano Ue per l’Agricoltura, con misure straordinarie per la tenuta dell’agricoltura in questa fase emergenziale. C’e’ la necessita’ di un nuovo testo normativo come Cia ha gia’ proposto, che includa tutte le misure straordinarie e le risorse finanziarie necessarie alla sopravvivenza del settore agricolo e agroalimentare. In definitiva: sovvenzioni dirette da parte dello Stato e modalita’ di accesso al credito dedicate anche in vista di un dopo emergenza. 

 

Ha parlato di settore ortofrutticolo a rischio per la carenza di manodopera straniera. E’ reale?

 

I cittadini rischiano di trovare gli scaffali vuoti se non c’e’ abbastanza manodopera a raccogliere i prodotti di stagione nei campi e nelle serre, ad occuparsi di trapianti e operazioni culturali come diradamenti e potature. Siamo nel periodo clou dell’anno che significa 370 mila lavoratori regolari che arrivano  per lo piu’ dall’Est: Romania, Albania e Bulgaria. Ora sono stati prorogati i permessi di soggiorno per lavoro stagionale in scadenza, la Commissione Ue ha pubblicato nuove linee guida per facilitare gli spostamenti all’interno dei Paesi europei, ma certo il problema non e’ risolto. Va detto, infatti, che resta da sciogliere anche il nodo mobilita’ interna tra settori produttivi. La Cia, nelle settimane scorse, ha chiesto al Governo che vengano introdotti strumenti agili per recuperare lavoratori da impiegare nei campi. Parlo dei ticket, simili a quelli utilizzati per le baby sitter. Inoltre, in assenza del “decreto flussi”, con cui ogni anno vengono stabilite le quote d’ingresso di cittadini extracomunitari che possono entrare in Italia per motivi di lavoro subordinato, autonomo o stagionale, servono misure immediate per consentire alle imprese di reperire manodopera. 

 

Anche il settore agricolo sta affrontando il problema sicurezza dei lavoratori nei campi. Quali sono le priorita’ in questo senso?

 

Cia-Agricoltori Italiani ha sollevato, da subito, l’urgenza di reperire per gli agricoltori, 1,3 milioni mascherine al giorno. E’ quanto serve agli autonomi e ai loro dipendenti che, per ovvie ragioni, non possono usufruire di altre modalita’ di lavoro piu’ sicure, ma devono poter continuare a produrre fuori dalle abitazioni, per assicurare il fabbisogno alimentare necessario e sufficiente al Paese perche’ possa andare avanti. Governo e Protezione Civile devono dare garanzie al settore e considerarlo tra i principali destinatari del primo rifornimento utile di mascherine, guanti e tutti il necessario per lavorare in sicurezza.

 

Altre condizioni avverse stanno mettendo i bastoni tra le ruote agli agricoltori. Le gelate tanto per cominciare. Come presidente di un consorzio di difesa, qual e’ la risposta da dare?

 

Le gelate al Nord stanno facendo perdere molta produzione e questo incidera’ non poco sui bilanci aziendali. Tutto questo, in piena emergenza Coronavirus, vuol dire per molti, rischio chiusura. Dalle calamita’ pero’, ci si puo’ e ci si deve tutelare sottoscrivendo polizze per danni da gelo, grandine, eccesso di pioggia e siccita’. Allo stesso tempo come consorzio stiamo pensando di investire in fondi di mutualita’ per le avversita’. E’ importante investire sulla gestione del rischio e su cio’ stanno spingendo molto anche le politiche Ue. Assicurare l’azienda e’ strategico per avere costanza del reddito e sviluppare azioni che vadano verso la resilienza.

 

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Uno snellimento burocratico del sistema contributivo: per ricevere il sostegno europeo attualmente si devono compilare 4 documenti: manint, pai, domanda di sostegno, domanda di pagamento. e tutti devono essere perfetti altrimenti il sistema agea/sian si blocca su anomalie spesso irrisolvibili. Vera semplificazione sarebbe portarli a un solo documento, per esempio aggregandoli. Poi e’ ancora aperta la problematica delle rese storiche sui pai. Faccenda ancora aperta con contributi non coerenti con i valori presenti in campagna. In ultimo, ma non meno importante, l’adozione dello Standard Value che potrebbe risolvere il problema. C’e’ la necessita’ di un fronte comune per questa emergenza climatica, serve promozione del Psrn comunitario, spiegando i contributi sulla gestione del rischio, oltre che aggregazione e creazione di fondi mutualistici tra agricoltori per reggere gli impatti sui redditi. L’argomento e’ importante e lo si vive tutti i giorni nelle nostre imprese.

 

Lei rappresenta i giovani agricoltori di Cia. Cosa puo’ rappresentare questo momento storico per le nuove generazioni di imprenditori?

 

Una sfida. Siamo cresciuti in una societa’ fluida. Non abbiamo le cicatrici delle grandi crisi, ma ci siamo formati in un settore che non vive certo di stabilita’ e comunque agisce in un contesto economico e sociale vulnerabile, con poche certezze e tanta precarieta’. Cio’ si e’ rivelato per certi versi, un fattore a nostro vantaggio. Questa situazione ovviamente spaventa, ma l’agricoltura ci ha gia’ insegnato che sugli allori non si puo’ dormire mai. Chi ci ha tramandato il mestiere, i nostri nonni figli della guerra vera, ha sedimentato in molti di noi anche valori come la pazienza e la resilienza, l’umilta’ e l’oculatezza. Siamo gli stessi che stavano riscoprendo il senso vero della sostenibilita’, privilegiando l’economia della conoscenza e la sua condivisione. Non lo stiamo dimenticando. Il punto non e’, se usciremo o meno da questo incubo, ma come. Se saremo in grado di viverlo come opportunita’ per affinare il nostro modo di fare le cose. E’ chiaro che nell’immediato vince la concretezza, quindi ci siamo messi subito a disposizione condividendo con Cia e le sue altre associazioni da Donne in Campo a Turismo Verde e la Spesa in Campagna, per essere di supporto in primo luogo agli anziani e alle categorie piu’ fragili.

 

Si riferisce all’iniziativa “Dal campo alla tavola” per la consegna a domicilio dei prodotti agroalimentari?

 

Si’, era la risposta piu’ essenziale e importante da dare nell’immediato. L’emergenza ha esasperato criticita’ tutte italiane. La fragilita’ nelle sue aree interne, prive di adeguate infrastrutture fisiche e digitali, senza parlare del sistema sanitario e dei servizi per la cura e l’assistenza agli anziani. Senza dimenticare pero’ che, nonostante le difficolta’, ci sta salvando anche il sistema sanitario italiano, il cui carattere pubblico e  universalistico va preservato assolutamente e riportato al centro proprio in virtu’ dell’esperienza che stiamo vivendo. Con il progetto “Il Paese che Vogliamo” Cia-agricoltori italiani sta cercando da mesi di riportare all’attenzione su questi temi. L’Italia intera e’ chiusa in casa, gli anziani sono i piu’ soli e bisognosi di supporto, non potevamo chiedergli di venire da noi. Abbiamo deciso di attivarci per consegnare noi frutta, verdura, ma anche piatti tipici e prodotti florovivaistici. Un portale online dedicato https://iprodottidalcampoallatavola.cia.it/, era necessario per aggregare e mappare tutte le aziende disponibili, regione per regione. A questo abbiamo poi affiancato una modalita’ di acquisto e consegna che tutelasse anche la sicurezza delle persone. Nel frattempo, sui social stiamo raccontando da settimane la nostra vita nei campi. Il modo che abbiamo scelto per dire all’Italia come #noinonciarrendiamo.