VERRASCINA (COPAGRI), DA CRISI COVID-19 RIPERCUSSIONI A MACCHIA D’OLIO MA CON MISURE ADEGUATE POSSIAMO USCIRNE PIÙ FORTI

di Letizia Martirano

A oltre un mese dall’inizio della grave emergenza sanitaria che ha colpito il nostro Paese a causa del Coronavirus, il presidente della Confederazione Produttori Agricoli-Copagri Franco Verrascina illustra, in questa intervista, il suo punto sulla situazione dell’agricoltura che – sostiene –  “sta scontando ripercussioni a macchia d’olio sui diversi settori produttivi” Verrascina suggerisce una serie di azioni dalle quali ripartire per tornare a far crescere l’agricoltura.

 

Qual è la situazione del settore agricolo a suo giudizio?

 

L’emergenza sanitaria che stiamo vivendo sta dimostrando ancora una volta come il nostro primario sia un settore particolare, che per le sue caratteristiche intrinseche risente forse più di altri di queste situazione di crisi. Lo stravolgimento degli equilibri socioeconomici che ha fatto seguito alle limitazioni decise dall’Esecutivo, con la sospensione di tantissime attività, prime fra tutte quelle del canale Horeca ha influito sensibilmente sulla vendita di prodotti agricoli e generi alimentari, con ripercussioni a macchia d’olio su tutti i principali comparti del primario.

 

Quando dice che il “primario e’ un settore particolare” cosa intende esattamente?

 

Il primario, come cerchiamo di evidenziare con la campagna social #LAgricolturaNonSiFerma che portiamo avanti dall’inizio dell’emergenza Coronavirus, è uno dei pochi settori, forse addirittura l’unico, che non può drasticamente interrompere le sue attività, in quanto segue il ciclo della natura; le aziende agricole e zootecniche, infatti, legate alle fasi della vita delle piante e degli animali, non possono sospendere la produzione, come invece avviene per altri processi produttivi. Voglio ribadire che si tratta di un comparto essenziale, caratterizzato da un alto valore aggiunto e fondamentale per la produzione di cibo e per il regolare rifornimento degli scaffali della GDO.

 

A suo avviso, questo “valore aggiunto” viene riconosciuto agli agricoltori?

 

I produttori agricoli, così come gli allevatori, vivono una situazione di grande incertezza, legata all’aggravarsi di problemi strutturali, quali i ritardi del sistema delle infrastrutture, l’aumento del prezzo delle materie prime e la scarsa redditività, ma anche alle problematiche sorte a seguito dell’emergenza, che ha drasticamente ridotto le esportazioni agroalimentari. Diventa quindi fondamentale, anche alla luce dell’attuale congiuntura economica, dare ossigeno alle aziende, dando loro la possibilità di guardare al futuro e programmare l’attività. La priorità, quindi, deve essere quella di garantire liquidità, partendo dalle misure introdotte con i recenti provvedimenti normativi, quali il “Cura Italia” e il “Decreto liquidità”.

 

Si può fare di più?

 

La strada intrapresa per la semplificazione e sburocratizzazione del settore sembra essere positiva, anche se c’è ancora molto da lavorare. In ogni caso ribadisco che la priorità è garantire liquidità; questa priorità, a nostro avviso, passa necessariamente da misure adeguate che possano essere un volano per la ripresa e per una futura e conseguente crescita, così da uscire dalla crisi e tornare più forti di prima. Per la ripartenza del Paese, bisogna ad esempio dare alle imprese la possibilità di congelare l’indebitamento pregresso attraverso l’erogazione di mutui a tasso zero a durata ventennale, o meglio ancora trentennale, così da garantire liquidità e stimolare la crescita del PIL. Senza interventi di questo tipo infatti, al termine dell’emergenza, che ci auguriamo si verifichi quanto prima, i produttori agricoli non saranno in grado di fronteggiare tutti i debiti pregressi.

 

Secondo le vostre rilevazioni quali sono, al momento, le ripercussioni sui diversi comparti agricoli?

 

Rileviamo criticità nel comparto vitivinicolo, che è a ridosso della vendemmia e paga la chiusura delle frontiere, con ripercussioni sul mercato on-trade e sulla vendita diretta in cantina, così come in quello ortofrutticolo, dove la carenza di manodopera rischia di incidere significativamente sulla stagione; l’olivicoltura, che ha già pagato un conto salato in seguito alle ultime emergenze fitosanitarie, sembra al momento essere stata risparmiata, anche se questo dipende principalmente dalla stagione in cui ci troviamo. Per la zootecnia e il lattiero-caseario il discorso è diverso, perché da una parte abbiamo segmenti che tengono, o addirittura crescono, mentre dall’altra ce ne sono altri che rischiano di pagare a caro prezzo la situazione, come ad esempio il latte fresco e le produzioni a denominazioni d’origine. Le gravi problematiche del florovivaismo, invece, che proprio nel momento di maggior produzione scontava un ingiustificato blocco delle vendite, stanno mostrando segnali di miglioramento, anche grazie al pressing congiunto della filiera sul Governo. Per non parlare poi del comparto agrituristico, che al momento è totalmente e drammaticamente fermo.

 

Lei ha delle ricette?

 

E’ necessario continuare a puntare con sempre maggiore determinazione sulla strada dell’aggregazione e sul fare sistema tra tutti gli attori della filiera; tale assunto assume una rilevanza ancora maggiore in una situazione emergenziale quale quella attuale. E’ assieme a tutta la filiera, infatti, che abbiamo ottenuto un importante risultato sul florovivaismo, così come sulla silvicoltura, dove abbiamo ottenuto la rimozione delle limitazioni all’utilizzo delle aree forestali, evitando gli evidenti rischi di natura ambientale derivanti dal blocco delle attività in bosco. Come filiera vino, invece, abbiamo fatto proposte concrete chiedendo di lavorare insieme per individuare una strategia di sostegno e rilancio del settore vitivinicolo, uno dei comparti agricoli più rilevanti per l’economia italiana. Dobbiamo però continuare a lavorare, coinvolgendo sempre di più la GDO, alla quale chiediamo uno sforzo maggiore per assicurare la presenza del “Made in Italy” sugli scaffali, ma anche e soprattutto i consumatori, che invitiamo ad acquistare prodotti italiani così da sostenere concretamente i nostri produttori. In ottica di diversificazione e multifuzionalità, bisogna lavorare anche per gli agriturismi, chiave di volta importante per far ripartire primario.