MANTEGAZZA (UILA), L’ITALIA HA 22 MILIARDI L’ANNO PER IL PROSSIMO TRIENNIO DA UTILIZZARE PER RIFORME INELUDIBILI

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Di Letizia Martirano

Non può che iniziare dal tema della sicurezza sul lavoro il colloquio con il segretario generale della Uila-Uil Stefano Mantegazza da cui è nata questa intervista. Ma il momento per il sindacato è cruciale anche sotto altri aspetti: l’attesa per le misure che saranno indicate nella manovra finanziaria 2022, l’entrata in vigore dell’assegno unico universale e la lotta al caporalato e al lavoro nero che, secondo Mantegazza, batte la fiacca.

Si susseguono le morti sul lavoro, al di là del rammarico si muove qualcosa?

Abbiamo apprezzato che il tema della sicurezza del lavoro, che la Uil ha fatto proprio fin dall’inizio anno, sia entrato nell’agenda di governo. Ci aspettiamo un testo di legge che, tra l’altro, aumenti il numero degli ispettori, rafforzi la premialità per le aziende virtuose e incrementi le sanzioni, con particolare riguardo ai casi più gravi. È necessario, inoltre, utilizzare più e meglio, a fini formativi, le risorse non spese dall’INAIL.

Cosa si attende la Uila dalla prossima manovra?

Il 20 ottobre il governo dovrà approvare il ddl stabilità con interventi che si colleghino al PNRR. A leggere i dati di bilancio per la prima volta dalla nascita dell’Euro, l’Italia dispone di una dote di circa 22 miliardi l’anno per il prossimo triennio da utilizzare per riforme ineludibili.

A cosa potrebbero servire?

Visto che gli interventi per le politiche attive saranno finanziati dal PNRR ci auguriamo che le risorse della legge di stabilità servano in particolare alla progressiva riduzione delle aliquote Irpef, a innovare il sistema degli ammortizzatori sociali e all’uscita flessibile da quota 100.

Su riforme di questo calibro è fondamentale un confronto e un accordo condiviso con le parti sociali. È difficile immaginare che una opportunità del genere possa facilmente ripetersi; quindi, le prossime settimane saranno fondamentali per disegnare il paese che verrà, con un fisco più equo e ammortizzatori sociali che tutelino meglio chi perde il lavoro, offrendo una opportunità flessibile per raggiungere la pensione a favore, in primo luogo, di chi svolge lavori gravosi e di chi il lavoro lo perde in tarda età.

Ci sono altre questioni in ballo?

Abbiamo una grande preoccupazione su come il governo intenda gestire l’entrata in vigore, dal 1° gennaio 2022, del nuovo assegno unico universale. Una vera rivoluzione nei contenuti e nella forma a cui il paese non è però minimamente preparato. Conti alla mano, il nuovo sistema risulta, al momento, fortemente penalizzante per i lavoratori dipendenti, con tagli fino a oltre 100 Euro al mese e questo non è accettabile. Non solo, gli importi spettanti non saranno più anticipati in busta paga dalle aziende ma verranno accreditati dall’Inps, previa domanda da parte del lavoratore sulla base del reddito ISEE. Sono incombenze pesanti che costringeranno milioni di persone a rivolgersi ai patronati e ai Caf. Inoltre, in mancanza di una adeguata informativa, il lavoratore scoprirà questa nuova realtà, solo quando non troverà più i soldi in busta paga. Mi sembra che non ci sia consapevolezza di quanto questa scelta sia complessa e foriera di grandi malcontenti.

C’è una via d’uscita?

Occorre una norma di salvaguardia che garantisca che nessuno percepirà importi inferiori ai precedenti. E poi, una campagna di informazione, che però dovrebbe essere già partita, che spieghi i cambiamenti introdotti nella normativa. Infine, servono risorse aggiuntive per i CAF e i patronati che dovranno potenziare le loro strutture per rispondere con rapidità a milioni di lavoratori.

Il rinnovo del contratto degli operai agricoli e florovivaisti come si prospetta?

Abbiamo presentato una piattaforma per gli operai agricoli e florovivaisti che riguarda più di un 1 milione di persone. Ci auguriamo di iniziare presto le trattative. L’abbiamo costruita con gli occhi rivolti al futuro, tenendo conto sia dei soldi del PNRR che delle opportunità di investimento della manovra finanziaria. Occhio rivolto al futuro significa che la sostenibilità ambientale deve essere coniugata con quella economica e quella sociale e questo deve avvenire anche a livello europeo.

Perché non è così?

La necessità che l’Europa si muova sulla base di una sinergia di questi tre aspetti è fondamentale. Tuttavia, siamo preoccupati perché al momento la sostenibilità ambientale sembra prendere la mano alla politica. Due esempi: quando Van Der Leyen annuncia che l’Unione europea pianterà 3 miliardi di alberi entro il 2030 propone un obiettivo non realizzabile perché non esistono 330 milioni di alberi da piantare ogni anno, né i vivai sono in grado di fornirli.

Quando si predica l’eliminazione degli anticrittogamici bisogna essere coscienti che in Emilia-Romagna scomparirà la produzione delle pere, già falcidiata dalla cimice asiatica. Gli italiani però non smetteranno di mangiare pere che, a quel punto, saranno importate a costi maggiori da paesi meno responsabili di noi che, magari, utilizzano gli stessi anticrittogamici a noi vietati.

E quindi?

Siamo per un’Europa più “green” ma in questo caso il cuore non ci può portare oltre gli ostacoli, serve più razionalità e maggiore prudenza.

Torniamo al contratto, quali sono le chiavi di volta della piattaforma di rinnovo?

Quando noi diciamo che la battaglia per l’ambiente è giusta diciamo anche che l’azienda deve produrre ricchezza pensando al lavoro. In questa prospettiva la piattaforma vuole declinare il tema del lavoro lungo tre direttrici: “il lavoro che manca”; “il lavoro che stenta” (perché il 90% dei posti di lavoro è a tempo determinato); “il lavoro sfruttato”.

Cosa proponete per affrontare le tre questioni?

La piattaforma affronta queste tre condizioni con proposte innovative sulla formazione professionale, sul rafforzamento della bilateralità che deve sempre più affiancare il sistema pubblico di incontro tra domanda e offerta di lavoro e sull’incremento salariale. Gli operai agricoli devono essere pagati di più e vanno rispettate tutte le norme del contratto. Le aziende che si lamentano di non trovare manodopera retribuita offrendo solo qualche decina di euro in più rispetto al reddito di cittadinanza non si devono stupire se le loro richieste non vengono esaudite.

L’Europa non diventa più verde se non accompagna questa rivoluzione mettendo al centro l’impresa che, a sua volta, non si salva se non mette al centro il lavoro investendo in formazione e salario.

In conclusione, solo tutti insieme possiamo costruire il paese che desideriamo lasciare ai nostri figli.

La recente condanna di Mimmo Lucano per le sue azioni come sindaco di Riace induce a una riflessione anche sulle migrazioni e sul caporalato. Cosa pensa?

È un tema complesso che meriterebbe un’altra intervista, quindi mi limito ad alcuni spunti.

L’Italia è un paese vecchio che ha bisogno di aprire le sue porte ai migranti, non in maniera emergenziale come sta avvenendo da 30 anni ma con scelte programmate e controllate.

Le forme attuali aggiungono linfa al caporalato e allo sfruttamento, fenomeni che non vengono combattuti adeguatamente.

È evidente che la resistenza passiva nell’applicazione della legge 199, in particolare nella sua parte propositiva, vince su tutte le nostre richieste di applicazione. Questo sarebbe il tema vero da affrontare con le istituzioni che, invece, al momento mi sembrano più interessate a distribuire finanziamenti a pioggia per presunte campagne contro il lavoro nero che non producono alcun effetto evidente.

Se chi è impegnato tutti i giorni su questo fronte ci spiega, in dotti convegni, che il lavoro nero aumenta è evidente che qualcosa non funziona.