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i piu’ ottimisti vogliono ancora credere che il nord-est agricolo della siria stia affrontando un ritardo nella stagione invernale. ma, per alcuni operatori umanitari ed esperti, la zona nord e’ entrata in una grave siccita’ e il paese, distrutto da dieci anni di guerra, si avvia verso una nuova catastrofe, scrive su “le monde” laure STEPHAN in una corrispondenza da beirut. le conseguenze di una siccita’ – spiega l’articolo – sarebbero devastanti in un paese in cui le devastazioni della guerra hanno fatto seguito a una grave crisi socio-economica: oltre il 60% della popolazione vive in una situazione di insicurezza alimentare, percentuale in aumento dal 2019. il rischio siccita’ minaccia “un’agricoltura gia’ molto malata”, nota rami ZURAYK, professore alla facolta’ di scienze agrarie e alimentari dell’universita’ americana di beirut. la produttivita’ agricola del paese, che un tempo era orgoglioso della sua autosufficienza nel grano, e’ circa il 30% di quella che era prima del 2011. la difficile situazione dei contadini e’ iniziata prima della guerra: i periodi di siccita’ dal 2006 al 2010, sommati alle misure di liberalizzazione intraprese dal potere di bashar AL-ASSAD, hanno avuto la meglio sui piccoli produttori, costretti a migrare nelle citta’. il conflitto ha aggravato le calamita’: distruzione delle infrastrutture idriche, esilio di siriani dalle regioni rurali verso i paesi vicini. in questo paesaggio devastato, su cui si innesta la geopolitica – la condivisione delle acque nel nord-est con la turchia, in posizione di forza con le sue dighe di fronte a siria e iraq distrutti, o la rivalita’ tra i curdi e damasco per l’acquisto della produzione di grano – il cambiamento climatico puo’ solo peggiorare la situazione. “la siria non e’ nelle condizioni per poter gestire lo stress idrico”, aggiunge rami ZURAYK.