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mathilde GERARD (a parigi), ALLAN KAVAL e virginie MALINGRE corrispondente da roma – bruxelles- sede europea firmano sul quotidiano francese “le monde” del 27 dicembre un lunghissimo articolo, con molte testimonianze italiane, parecchie ingenuita’ e qualche imprecisione. la sintesi dell’inchiesta secondo lo stesso giornale e’: “europa divisa sull’etichettatura nutrizionale alimentazione la commissione europea doveva proporre un logo nutrizionale armonizzato entro la fine del 2022, ma le divisioni tra stati, alimentate dalla fionda italiana contro il nutri-score, ostacolano il processo”. lo riproponiamo qui in traduzione integrale.
AB, C, D, E: cinque lettere affisse su prodotti alimentari, accusate di discriminare prodotti di eccellenza, di distruggere tradizioni millenarie, di ledere l’identita’ di un Paese, l’Italia… Senza paura degli eccessi e degli eccessi, il Il Paese transalpino e’ in prima linea nella battaglia contro il Nutri-score, il logo nutrizionale adottato dal vicino francese e da altri Paesi europei. Una lotta che cova da diversi anni, mescolando interessi economici difesi da gruppi di pressione, soffocamento del dibattito e minacce personali. La scintilla si e’ accesa a maggio 2020, quando la Commissione Europea ha presentato la sua Strategia Farm to Fork per un’alimentazione sana e sostenibile, in cui e’ stato sancito il principio di un’etichettatura nutrizionale comune a tutti gli Stati membri dell’Unione Europea (UE). Un problema importante in un momento in cui il 53% della popolazione europea e’ in sovrappeso, il 22% soffre di obesita’ e l’Europa sta assistendo a un’esplosione di malattie croniche legate all’alimentazione. L’esecutivo comunitario doveva fare una proposta legislativa entro la fine del 2022, ma di fronte alla rivolta di alcuni Stati membri trattiene le carte, e spiega che sta ultimando lo studio di impatto prima di decidere. In tutti i paesi che hanno implementato i loghi nutrizionali sulla parte anteriore del loro cibo: il sistema a semaforo nel Regno Unito, i loghi di avvertimento neri adottati in alcune parti dell’America Latina, il punteggio Nutri in Francia, ecc. -, questi hanno suscitato clamore da parte degli industriali. L’implementazione dell’etichettatura su scala europea non fa eccezione alla regola, con la differenza che la ricerca del consenso tra i Ventisette si trasforma in una battaglia diplomatica. Un sistema “assurdo”.
Fino a quest’estate, il Nutri-score sembrava avere un vantaggio sugli altri loghi testati in Europa (il “lucchetto verde” nei paesi nordici, il “Nutrinform” per un certo periodo spinto dall’Italia, prima di essere abbandonato). Questo sistema, che assegna un grado dalla A alla E e un colore dal verde al rosso, a seconda della composizione dei prodotti, e’ stato adottato da sette paesi europei: e’ noto ai consumatori, convalidato da un centinaio di studi pubblicati su riviste pari -scienziati recensiti, acclamati dall’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro… La sua adozione in Francia, nel 2017, come etichettatura ufficiale (ma non obbligatoria), era stata ferocemente osteggiata, ma a poco a poco il Nutri-score si e’ imposto nel settore agroalimentare. Piu’ di 400 aziende si sono impegnate a esporla, rappresentando piu’ della meta’ dei volumi di vendita. Il logo si e’ diffuso anche in Europa con l’adesione dei paesi del Benelux, Germania, Spagna e Svizzera, istituendo un comitato di governo politico e un consiglio scientifico indipendente. Ma negli ultimi mesi la fionda in parte dell’Ue si e’ intensificata, e il Nutri-score, da favorito, e’ diventato un fioretto per alcuni stati. L’opposizione italiana, che si e’ fatta ancora piu’ esplicita dopo il cambio di governo di quest’autunno, ha segnato punti. La nuova presidente del consiglio, giorgia MELONI, e’ da tempo impegnata contro il Nutri-score. Durante la campagna per le elezioni legislative di settembre, ha moltiplicato le dichiarazioni contro un sistema “assurdo”, “discriminatorio” e “penalizzante” per i prodotti italiani. Il suo compagno di coalizione, matteo SALVINI, della Lega (estrema destra), lo definisce “sporcizia” inventata dalle “multinazionali”, e persino un “piano segreto” ordito dall’Europa contro l’Italia. A Bruxelles, il 12 dicembre, il nuovo ministro italiano dell’Agricoltura, francesco LOLLOBRIGIDA , molto vicino a giorgia MELONI, ha dipinto un quadro apocalittico del “modello Nutri-score”, che associa al modello della “carne sintetica (che e’ non autorizzata in Europa) e che porterebbe alla “desertificazione di interi territori”.
Questo discorso anti-etichettatura non e’ nuovo in Italia. Ma ora e’ portato dal potere in atto. I rappresentanti d’Oltralpe agitano a piacimento gli esempi di classificazioni infami, in particolare la D o la E rossa attribuita ai prosciutti di Parma, al gorgonzola, o al parmigiano reggiano. Come per tutti i salumi e formaggi grassi e salati, la loro valutazione significa che dovrebbero essere consumati con moderazione. Ma per i politici italiani e’ troppo! Declassando i totem della loro gastronomia, il Nutri-score attaccherebbe la dieta mediterranea. L’olio d’oliva (fino ad allora classificato C, e che presto sara’ classificato B secondo l’algoritmo rivisto) e’ classificato inferiore a una soda dietetica (B)? Questa e’ la prova, per i suoi detrattori, che il Nutri-score funziona male… Non importa che nessuno debba bere un intero bicchiere di olio d’oliva e che i due prodotti non siano in alcun modo paragonabili. Per gli esperti di sanita’ pubblica, in realta’, e’ poco piu’ della difesa dei prodotti locali che e’ in gioco in questa battaglia. L’Italia ospita un potente settore agroindustriale, riunito in Federalimentare, che rappresenta l’8% del prodotto interno lordo (PIL) del Paese. In prima linea tra questi produttori c’e’ il gruppo Ferrero. Secondo Dario DONGO, nutrizionista, ex dirigente di Federalimentare e conduttore del sito Geatitalianfoodtrade.it, l’opposizione al sistema francese e’ un fattore strutturale nei rapporti istituzionali del settore, e in particolare nella strategia di Ferrero. Fin dai primi dibattiti sull’etichettatura in Francia, il colosso italiano si e’ opposto a Nutri-score e si rifiuta di applicare il logo sui suoi prodotti, in particolare sulla sua emblematica Nutella. Interpellato da Le Monde, Ferrero ha risposto di essere “favorevole a un’etichettatura armonizzata sul fronte degli alimenti”, ma con “un principio cardine: tenere correttamente conto del ruolo delle porzioni per una dieta equilibrata”. Una posizione che equivale a screditare il Nutri-score poiche’ quest’ultimo valuta tutti i prodotti secondo lo stesso riferimento di 100 grammi o 100 millilitri, la nozione di porzione e’ soggetta a interpretazione e puo’ variare a seconda degli individui. “Con il pretesto di proteggere la dieta mediterranea, Ferrero sta facendo pressioni sottobanco”, osserva Melissa MIALON, specialista in conflitti di interesse nella salute pubblica presso il Trinity College di Dublino e che ha seguito da vicino l’implementazione dei loghi nutrizionali in Sud America. Ufficialmente affermano di essere parte della soluzione e di voler aiutare le persone a mangiare meglio, ma la realta’ e’ che la maggior parte dei loro imballaggi subiranno un impatto negativo sull’etichettatura. La battaglia contro il Nutri-score ha evidenziato e rafforzato, secondo Dario Dongo, l’alleanza di interessi tra i colossi dell’industria alimentare italiana e i difensori di prodotti emblematici del “made in Italy”, in essi rappresentati da Coldiretti, la principale azienda agricola italiana confederazione. Una convergenza inaspettata tra produttori di junk food e cooperative di prodotti eccellenti. Con riserva, questa lettura e’ in parte condivisa anche dai riferimenti all’artigianato culinario italiano. E’ il caso di Slow Food, movimento internazionale nato in Italia per difendere una gastronomia sostenibile e socialmente giusta. “Il settore alimentare, l’export del “made in Italy” e la dimensione gastronomica del turismo costituiscono l’ultimo baluardo economico che tiene in Italia. E’ in gran parte rappresentato da produttori familiari, di media dimensione, che il Nutri-score puo’ penalizzare notevolmente», sostiene il filosofo e gastronomo Eugenio Mailler, uno dei rappresentanti di Slow Food. “Propaganda Nazionalista”. Se la convergenza tra piccoli produttori e industriali sul tema dell’etichettatura ha fatto centro, e’ anche perche’ ha trovato un orecchio attento nell’ambiente politico italiano. Secondo Paolo Vineis, professore di epidemiologia ambientale all’Imperial College di Londra e membro del Consiglio Superiore di Sanita’ italiano, la considerazione degli interessi economici nazionali in Italia ha la precedenza sulla necessita’ di una regolamentazione. “Comprendo la tesi secondo cui la produzione alimentare e’ uno dei punti di forza industriali dell’Italia e che va tutelata, indica Vineis, che da tempo frequenta i luoghi dove si fanno le politiche pubbliche italiane, ma questo non va fatto a discapito di trasparenza ed esame scientifico dei problemi. » “L’Italia ne fa una questione di tradizione, cultura, difesa delle Dop. Ma non e’ questo lo scopo di questa etichettatura nutrizionale di base “, afferma l’eurodeputata Ve’ronique Trillet-Lenoir (Renew), specialista in materia. L’epidemiologo francese serge HERCBERG, ex presidente del National Health Nutrition Program per sedici anni, il cui team e’ all’origine del Nutri-score, osserva che “l’Italia ha bloccato per anni qualsiasi misura di sanita’ pubblica che ‘considera contraria ai suoi settori economici. Gli industriali beneficiano di efficaci portavoce a livello politico e governativo”. In questo contesto e’ difficile che si sentano voci dissonanti. «Oggi la narrativa anti-Nutri-score e’ diventata non solo generalizzata ma totalmente egemonica in Italia e non possiamo piu’ opporci pubblicamente», osserva Walter RICCIARDI, ex presidente dell’Istituto superiore di sanita’ pubblica. Nel marzo 2021 il professore, allora consigliere del ministero della Salute per l’epidemia di Covid-19, scateno’ una tempesta di dichiarazioni ostili e richiami alle dimissioni firmando, con 300 colleghi europei, una petizione a favore del Nutri-score. “Ero semplicemente diventato un traditore della patria”, ricorda RICCIARDI. Senza cambiare posizione, il professore dell’Universita’ Cattolica del Sacro Cuore non ha piu’ parlato apertamente della questione nel panorama italiano. ” Qual e il punto ? sospira.
“Molti scienziati italiani tengono un profilo basso, il clima e’ molto deleterio, conferma Serge HERCBERG. Quelli che stanno accadendo in Italia sono attacchi nominali, che non abbiamo visto in altri paesi. Il discorso politico italiano cerca non solo di screditare, ma di gettare nel cibo ricercatori e lavori scientifici, in un contesto di propaganda nazionalista. Lo stesso epidemiologo inglese ha pagato il prezzo di questa strategia del capro spiatorio. Altro ad essere accusatorio: potrebbero essere dai rappresentanti politici italiani, Serge HERCBERG e’ stato oggetto di una marea di messaggio odiosi e antisemiti sui social network, comprese minacce di morte. “Cio’ che ha fatto da letto a questa violenza e’ la propaganda ufficiale dei movimenti populisti e di estrema destra”, ha proseguito lo scienziato. Se parte della lotta anti-Nutri-score se gioca sui social e in questione eccessi, anche a Bruxelles gli oppositori del logo hanno puntato le armi in maniera piu’ muta, moltiplicando gli incontri nelle sedi istituzionali, spesso in carica, e spesso sponsorizzato dal settore agroalimentare. Era meglio avere un’agenda ben organizzata per seguire tutto: il 26 ottobre e’ stato organizzato un evento della rappresentanza italiana presso l’UE con il supporto di Federalimentare; il 10 novembre la Presidenza del Consiglio dell’UE ha convocato una conferenza sul tema con il Copa-Cogeca (primo raggruppamento europeo di confederazioni agricole) e gli industriali del settore – la Germania ha successivamente rimproverato che nessuno dei Paesi che hanno invitato la Nutri -il punteggio e’ stato invitato; il 16 novembre un dibattito al Parlamento Europeo sulla dieta mediterranea e’ stata l’occasione per dispiegare le argomentazioni contro il logo; il 29 novembre gli eurodeputati hanno discusso dell’etichettatura durante un dibattito sponsorizzato da un think-tank pro-liberale italiano, Competere; il giorno successivo, un nuovo incontro sullo stesso tema e’ stato organizzato dall’eurodeputato Paolo DE CASTRO (S&D), con il sostegno delle regioni produttrici (Emilia-Romagna, Lombardia, Piemonte, ecc.) I think tank e le societa’ di lobbying di Bruxelles non sono esclusi. Una societa’ e’ particolarmente attiva, Must & Partners, il cui team e’ prevalentemente italiano, e il cui fondatore, Luciano Stella, ha costituito una “No-Nutriscore Alliance”. Pretende di riunire le voci dei cittadini e dei professionisti impegnati contro il logo, e di avere il sostegno degli scienziati che ne hanno firmato il “manifesto”. Il suo sito, tuttavia, non fornisce alcun elenco di firmatari. Nel registro UE per la trasparenza dichiara di impiegare 0,3 posti a tempo pieno e di non avere membri accreditati presso le istituzioni europee (a differenza di Must & Partners che conta otto membri accreditati). L’associazione e’ comunque molto attiva su Twitter, e negli ultimi mesi ha partecipato a molti eventi istituzionali. Il 30 maggio ha anche partecipato a un incontro organizzato dalla rappresentanza italiana presso l’Ue, postando una foto delle sue “Proposte di attivita’ da sviluppare a Bruxelles”, documento presentato sotto il proprio logo. In che veste questa alleanza e’ intervenuta in questo evento e in altri incontri istituzionali? Ha beneficiato dell’introduzione nelle alte sfere di Bruxelles dello studio Must & Partners? Quest’ultima, che ha, tra gli altri clienti, Philip Morris, una societa’ di criptovalute e diverse societa’ di servizi tecnologici, non indica alcuna attivita’ nel settore alimentare e assicura che l’impegno del suo fondatore contro il Nutri-score e’ solo personale. Interpellato da Le Monde, Luciano Stella non ha risposto alle nostre domande.
La strategia “anti” ha dato i suoi frutti Incuriosito dall’attivita’ di questa “alleanza”, l’Ufficio europeo delle unioni dei consumatori (BEUC), ha presentato una denuncia il 1 luglio al registro per la trasparenza dell’UE, ma l’indagine e’ stata chiusa una settimana dopo, la segreteria del registro ritiene di aver ricevuto sufficienti spiegazioni da parte degli interessati. Tuttavia, per BEUC, la classifica del sondaggio non solleva tutte le domande. “La segreteria si accontenta di registrare le informazioni fornite, senza alcun mezzo di verifica, si rammarica Camille PERRIN, responsabile delle politiche alimentari al BEUC. Avevamo partecipato a maggio a un evento sull’etichettatura, dove erano presenti cinque rappresentanti dell’alleanza. Non lo facciamo pro bono senza finanziamenti. » Nel corso dei mesi la strategia “anti” ha dato i suoi frutti e in diverse capitali europee si sono insinuati dubbi sulla rilevanza del Nutri-score. L’Italia ha richiamato sulla sua posizione diversi Stati membri, tra cui Grecia, Cipro, Romania, Lettonia, Repubblica Ceca e persino l’Ungheria, che dal canto suo si batte soprattutto per il nulla da fare. Negli ultimi mesi la Spagna, pur essendo un utente Nutri-score, e’ stata molto piu’ ambigua sull’argomento e alla Roma piace immaginare che Madrid ora sia dalla sua parte. Parigi e Berlino rimangono le voci piu’ impegnate a favore di Nutri-score, ma sono meno udibili. Il governo francese continua a chiedere un logo armonizzato obbligatorio e riduce al minimo il litigio con l’Italia. “Non andiamo in guerra e ci scambiamo regolarmente, assicuriamo al Ministero dell’Agricoltura, e il mese scorso abbiamo incontrato il nuovo Ministro dell’Agricoltura italiano in [riunione] bilaterale per affrontare questo argomento. » La Commissione europea, dal canto suo, rimane in posizione di riserbo. Ciascuno dei suoi risultati sull’etichettatura nutrizionale viene sezionato e interpretato dalle parti interessate. A fine settembre, il vicedirettore della direzione generale della salute e della sicurezza alimentare, Claire BURY, ha dichiarato durante un convegno organizzato dal sito Politico.com: “Stiamo esaminando tutti i sistemi di etichettatura nutrizionale presenti nel continente europeo (… ). Nessun algoritmo e’ perfetto. All’Italia e’ bastato vederlo come un segnale che le sue argomentazioni stanno dando i loro frutti e che la posizione francese sta perdendo terreno. A fine novembre, il primo vicepresidente della Commissione, Frans TIMMERMANS, sembrava a sua volta voltare le spalle al logo, dichiarando, in un’intervista a Le Monde: “Con il Nutri-score, non ci siamo ancora . Faccio fatica a capire cosa significa. Perche’ un prodotto trasformato puo’ avere un punteggio Nutri migliore rispetto a un prodotto naturale? Ma la commissaria alla Salute, Stella KYRIAKIDES, durante il Consiglio dei ministri dell’Agricoltura del 12 dicembre, non ha mostrato nulla delle sue intenzioni, accontentandosi di ricordare che la Commissione stava ultimando il suo studio d’impatto. Nessuno all’interno dell’esecutivo comunitario, non piu’ che al Parlamento europeo o alle ambasciate degli Stati membri, osa dunque menzionare una data di presentazione. “Ci prenderemo il nostro tempo, e’ un argomento troppo complesso per essere affrettato”, commenta un commissario che vuole restare anonimo. Con un rischio, pero’: si avvicinano le elezioni europee del 2024 e si restringono i tempi utili in termini legislativi per attuare una simile riforma. “Perche’ i testi vadano avanti, devono spingerli anche le presidenze del Consiglio”, osserva il ministero dell’Agricoltura francese, che si aspetta che la Svezia, che assumera’ la presidenza del Consiglio dal 1° gennaio, porti avanti il caso. Dalla parte degli avversari del logo, siamo felicissimi del cambio di atmosfera a Bruxelles. “Qualche anno fa abbiamo perso la partita Nutri-Score 4 a 0, ammette Ivano VACONDIO, presidente della Federalimentare., Oggi siamo tornati al pareggio, 4 ovunque, ma abbiamo ancora del lavoro da fare. La decisione di rimandare indietro la proposta europea e’ vista come “un segnale della crisi di credibilita’ di Nutri-score, secondo alessandro APOLITO, supply chain manager di Coldiretti. Un sistema troppo semplice nuoce all’informazione del consumatore. Per noi e’ sufficiente il display delle calorie. » Il sistema dei “lucchetti verdi” L’influente gruppo FoodDrinkEurope, che federa la maggior parte dei produttori del settore, invoca una “soluzione legalmente solida” e cita nella sua comunicazione il sistema dei “lucchetti verdi” dei paesi nordici, un display poco restrittivo, che promuove nutrienti favorevoli alla salute ma non emette un avviso su quelli da consumare con moderazione. In ambito scientifico, cresce la preoccupazione che un logo armonizzato possa non vedere la luce del giorno. “Sono molto pessimista [sul fatto] che la Commissione riesca a presentare una proposta di etichettatura il prossimo anno, osserva Mike Rayner, professore di salute della popolazione all’Universita’ di Oxford, che ha lavorato al luogo di implementazione dell’etichettatura a semaforo nel Regno Unito. La maggior parte degli studi mostra che i codici colore funzionano meglio. Non vedo un’alternativa al Nutri-score, o un sistema che gli assomigli molto. L’epidemiologo ricorda che il tema dell’etichettatura va al di la’ della semplice informazione al consumatore: “Si tratta di uno strumento politico tutt’altro che aneddotico, che permette poi di stabilire quali prodotti possono essere commercializzati ai bambini, o perche’ no introdurre differenziati tassazione…” Le associazioni dei consumatori sono molto attente a che la proposta della Commissione non venga sepolta a forza di ritardi. “L’etichettatura e’ un primo passo molto importante per dimostrare che le autorita’ pubbliche danno la priorita’ alla salute pubblica rispetto agli interessi economici, sostiene Camille Perrin, del beuc. Di per se’, e’ una misura abbastanza semplice da mettere in atto, ma se non viene adottata, possiamo rinunciare a qualsiasi politica di sanita’ pubblica. »