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il conflitto in ucraina ha riportato di attualita’ una vecchia realta’, scrive “le figaro”: sin dall’antichita’, il commercio del grano struttura le relazioni internazionali e la vita dei regimi. mosca, primo esportatore internazionale dal 2016 con una produzione di 80 milioni di tonnellate, pari al 10% della prouzione mondiale, ne ha fatto, da un anno, una delle sue armi di guerra. l’attacco all’ucraina ha provocato un profondo caos sui mercati mondiali. grazie a dei corridoi che hanno assicurato la circolazione dei cereali ucraini, il peggio e’ stato evitato: la sicurezza alimentare e la pace sociale dei stati importatori piu’ fragili e’ stata preservata. nei paesi occidentali il problema principale – continua “le figaro” – e’ per alcuni, come la francia, l’inflazione alimentare, per altri, come i paesi dell’est vicini all’ucraina, il crollo dei prezzi dei cereali causato dall’afflusso di prodotto ucraino rimasto bloccato per questioni logistiche. a tutte queste situazioni, a livello nazionale o europeo, si tenta di reagire con aiuti piu’ o meno di emergenza. ma secondo “le figaro”, che cita a sostegno il testo “geopolitica del grano” di sebastien ABIS, di cui e’ appena uscita una versione aggiornata, bruxelles non potra’ uscire dai conflitti che la situazione attuale sta seminando se non utilizzando una visione politica della sua produzione cerealicola. rappresentando il 20% delle calorie consumate nel mondo, il grano resta, come 2000 anni fa, una delle leve della sovranita’ piu’ potenti, conclude “le figaro”.