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“il covid ha lasciato in eredita’ una situazione di instabilita’ perdurante nel tempo, che si aggiunge alle altre criticita’ del settore, con in testa l’annoso problema delle predazioni alle mandrie da parte dei grandi carnivori. questo, in estrema sintesi, il quadro emerso nella sede arav a vicenza, in occasione dell’assemblea associativa”, rende noto un comunicato stampa dell’associazione regionale allevatori del veneto. “i costi energetici continuano a rimanere alti, al di la’ di ogni ragionevole limite cosi’ come lo sono i costi della razione alimentare, che segnano un modesto ribasso. a tutto cio’ dobbiamo aggiungere una escalation del costo del denaro, che sembra non fermarsi, che appesantisce la situazione finanziaria delle aziende. ma un’altra minaccia sta rapidamente avanzando: mentre noi lavoriamo in stalla e nei nostri campi, c’e’ chi ipotizza di produrre carne e latte in laboratorio. tutto cio’ nonostante la scienza stia dimostrando che la carne in provetta produce 25 volte piu’ anidride carbonica di quella vera e l’oms abbia individuato ben 53 pericoli potenziali per la salute umana nel caso si consumino carne e latte sintetici”, spiega il presidente di arav, floriano DE FRANCESCHI. “e dietro l’angolo c’e’ pure il pericolo che il parlamento europeo inserisca gli allevamenti nella nuova direttiva ue sulle emissioni industriali: una proposta inconcepibile, confermata una volta di piu’ dal crollo delle emissioni dei gas serra nel 2020 che ha fatto giustizia su chi sono i veri responsabili dell’inquinamento: le attivita’ industriali ed il traffico. i dati ispra sull’andamento dell’inquinamento nell’anno del covid hanno provato, infatti, che solo il 7% delle emissioni di gas serra in italia arrivano dall’agricoltura, mentre sono di gran lunga i maggiori responsabili l’industria con il 44,7% ed i trasporti con il 24,5%. nel corso dell’assemblea e’ intervenuto l’assessore regionale all’agricoltura, federico CANER, che ha evidenziato il rapporto di lunga data con l’associazione regionale allevatori del veneto”, precisa arav. “crediamo in arav e nel lavoro certosino che quotidianamente viene fatto nel territorio per questo ogni anno la regione veneto mette a disposizione oltre un milione di euro per l’effettuazione dei controlli funzionali, nonche’ per progetti di ricerca e sviluppo. il progetto sul lisato piastrinico, ad esempio, ci ha permesso di ridurre di oltre il 50% l’uso di antibiotici negli allevamenti, con riflessi importanti anche sulla salute dei consumatori. con questi presupposti non potremo che continuare a sostenere il lavoro iniziato negli anni scorsi. intendiamo salvaguardare con forza il nostro latte, quindi le nostre produzioni d’eccellenza, che sono anche un volano straordinario per il turismo, dall’azione dell’europa, che intende equiparare l’inquinamento modesto provocato dagli allevamenti a quello industriale”, spiega CANER. “di fronte ad un mercato complesso da interpretare con un calo di produzione (-1,02% in veneto, contro il -3,72% nazionale) legato ai costi ancora molto sostenuti ed incontrollabili, di positivo c’e’ che l’italia e’ molto vicina all’autosufficienza produttiva in termini di latte vaccino. desta preoccupazione, pero’, il dato veneto sulla chiusura delle stalle: negli ultimi dieci anni in italia registriamo una riduzione del numero di allevamenti del 28,5%, a cui fa da contraltare un aumento delle consegne di latte del 18,8%; nel veneto la riduzione e’ stata ancora piu’ violenta del 41,9% e rispetto al 2002 del 71%”, prosegue DE FRANCESCHI. “al 31 dicembre scorso, arav conta un numero di associati pari a 2.400, con una compagine sociale che alle chiusure, sempre molto spiacevoli, di alcune stalle, ha contrapposto l’ammissione di molte nuove stalle ai controlli funzionali. i bovini da latte in controllo funzionale (cf) sono aumentati di 5352 unita’. gli allevamenti in cf nel 2022 sono stati il 46,6% del totale delle stalle del veneto; i capi in cf sono stati l’83,8% del totale del veneto, con un aumento del latte veneto ottenuto da allevamenti controllati passato dal 66% del 2021 al 69% del 2022. su 2295 stalle attive in veneto, 929 sono condotte da un titolare che ha piu’ di 60 anni, pari al 40,5%, con il picco del 54% nella provincia di venezia, mentre i conduttori fino a 40 anni sono 305, il 13,3% del totale, con un minimo del 10% sul totale a venezia e vicenza ed un massimo del 28% a rovigo e del 18,4% a belluno. la maggiore produzione di latte si concentra su 4 provincie: vicenza, verona, padova e treviso. un dato deve far riflettere: in 198 comuni veneti, pari al 35% del totale, non c’e’ piu’ una stalla di vacche da latte, in 91 c’e’ una stalla di vacche da latte, in 64 ce ne sono due”, evidenzia l’associazione. “sta proseguendo con risultati apprezzabili l’attivita’ di assistenza tecnica specializzata che nel 2022 ha portato a confrontarsi con 813 allevatori, per fornire suggerimenti preziosi per la conduzione delle stalle. in questo modo assistenza tecnica su benessere animale, benessere ambientale, valutazioni tecniche, razioni, analisi sanita’ delle stalle, diventano pezzi di un unico puzzle finalizzato a veder crescere gli allevamenti. e per fare tutto cio’, come sempre, i dati dei controlli funzionali sono il punto di partenza imprescindibile”, aggiunge DE FRANCESCHI. “dal progetto sul lisato piastrinico, che mira a fornire una soluzione innovativa ed orientata all’azzeramento dell’uso di antibiotici in stalla, per la cura delle mastiti bovine, al progetto leo (livestock enviroment opendata), che ha portato alla creazione di un database che unisce le informazioni esistenti e nuove sull’ambiente, la salute ed il benessere degli animali, il clima, le prestazioni produttive e riproduttive, al fine di migliorare la conoscenza ed aiutare a superare le sfide future della produzione animale come sostenibilita’, cambiamenti climatici, sicurezza e protezione della biodiversita’. a queste progettualita’ se ne affiancano altre, collegate al psr veneto, dal progetto stalla 4.0 al progetto fitoche, fino a quello di consulenza sul benessere animale del bovino da latte e da carne”, sottolinea arav. “nelle nostre aree montane e collinari, i branchi di lupi sono fuori controllo e nel contempo molti allevatori non fanno piu’ denuncia di predazione: lo scoramento sta lasciando posto all’esasperazione. questo e’ molto pericoloso, significa non aver piu’ fiducia nelle istituzioni”, spiega DE FRANCESCHI. “analizzando i dati del primo monitoraggio nazionale sulla presenza del lupo in italia, consegnati il 12 maggio da ispra al ministero della transizione ecologica, emerge che il lupo non e’ piu’ una specie a rischio estinzione. a mettere a rischio la conservazione della specie e’ l’ibridazione della specie (cane inselvatichito). aia ha chiesto al legislatore di intervenire in situazioni di particolare stress per gli insediamenti antropici, partendo dal concetto, dettato dal buon senso, che non si puo’ pensare di gestire una specie che 40 anni fa era in estinzione con una norma che ha superato i 30 anni e che aveva come unico e solo obiettivo la conservazione di poche decine di esemplari. da queste considerazioni il comitato direttivo di aia ha redatto un documento presentato nel corso di una audizione congiunta con i ministeri dell’ambiente, dell’agricoltura, sovranita’ alimentare e foreste e ispra, presente il sottosegretario masaf, l’onorevole giacomo LA PIETRA, chiedendo di provvedere con urgenza alla stesura di un piano di gestione dei grandi carnivori da sottoporre alla commissione europea per l’approvazione”, conclude arav.