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una corrispondenza di noe’ HOCHET-BODIN, inviato speciale di “le monde” a garsen, in kenya, parla delle inondazioni di portata senza precedenti che hanno colpito etiopia, kenya e somalia e che, secondo i rapporti provvisori dei tre paesi, hanno causato almeno 260 morti e piu’ di 1 milione di sfollati. in somalia, il fiume chebe’li ha inghiottito interi centri abitati, rendendo beled uen, nel centro del paese, una citta’ quasi scomparsa sotto le acque. i soccorritori navigano tra i tetti scoperti delle case e i minareti delle moschee, in acque marroni fangose, per venire in aiuto dei 330mila abitanti, ora sulle strade o in campi improvvisati. anche il fiume tana, che si estende per 708 chilometri nel nord del kenya, ha rotto gli argini. sta sommergendo chilometri di terra attorno a se’, spingendo centinaia di migliaia di agricoltori e allevatori ad abbandonare i campi. i servizi di emergenza, sopraffatti dalla portata del disastro umanitario, faticano a misurare l’entita’ del danno ed il numero delle vittime. questo disastro, descritto da alcune organizzazioni umanitarie come l’alluvione del secolo, e’ il risultato della concomitanza di due eventi: il fenomeno meteorologico el niño e un’anomalia climatica simile, detta il dipolo dell’oceano Indiano, che si sono pero’ sommate ai tre anni di siccita’ che hanno colpito la regione, rendendo il terreno impermeabile. in questo senso, il corno d’africa e’ un caso emblematico delle conseguenze del cambiamento climatico. sebbene sia una delle regioni con le minori emissioni di gas serra al mondo, la regione e’ duramente colpita dal riscaldamento globale. in passato si verificavano piccoli cicli di inondazioni durante le due stagioni delle piogge annuali. oggi i cicli sono fuori controllo: o non piove oppure c’e’ una pioggia torrenziale. alla cop28 di dubai gli stati africani sono in prima linea nel chiedere l’istituzione del fondo “perdite e danni”, un meccanismo di finanziamento internazionale per risarcire i paesi piu’ vulnerabili ai disastri climatici.