PSA: SLOW FOOD, GLI ALLEVAMENTI INDUSTRIALI NON RIDUCONO I RISCHI, LI MOLTIPLICANO

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la strategia adottata sinora per frenare la diffusione del virus della peste suina africana “non ha prodotto alcun risultato e il commissario vincenzo CAPUTO, entrato in carica un anno e mezzo fa, si e’ dimesso. nei giorni scorsi, e’ arrivata anche la bocciatura da parte dei commissari europei giunti in missione in italia per valutare la situazione”, rileva slow food, sottolineando che “sotto il profilo della biosicurezza, non si puo’ sorvolare sul fatto che i casi di peste suina africana si sono verificati negli allevamenti industriali, ovvero in quelli che – sulla carta – dovrebbero essere i luoghi maggiormente al riparo dal contagio, nei quali gli animali vivono rinchiusi, senza possibilita’ di contatti diretti con i cinghiali. questa apparente contraddizione si spiega con la movimentazione di mezzi, animali e personale tra un allevamento e l’altro, una circostanza che riguarda soprattutto i grandi allevamenti con migliaia di capi. in altre parole: e’ l’uomo ad aver portato il virus negli allevamenti. tenerlo a mente e’ fondamentale per evitare di peggiorare la situazione”, asserisce slow food, che parla di “fallimento della cabina di regia” e si chiede si continuera’ ancora a “privilegiare un modello di allevamento industriale che, oltre a vedere negli animali dei meri mezzi di produzione, ha dimostrato la propria vulnerabilita’ all’avanzata della peste suina africana”.