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COLDIRETTI SARDEGNA: DAZI AL 30% FANNO PAURA MA IL PANICO PUÒ FARE PIÙ
DANNI. REGIONE CONVOCHI SUBITO TAVOLO CON FILIERA PECORINO ROMANO PER
ASSUMERE DECISIONI UNITARIE A TUTTI I LIVELLI. LE ARMI A DISPOSIZIONE
CI SONO COME IL PEGNO ROTATIVO E BANDI INDIGENTI

“I dazi fanno paura, ma generare panico rischia di essere ancora più
pericoloso. Bisogna mantenere la lucidità e non lasciarsi travolgere
da allarmismi che potrebbero aggravare le conseguenze economiche per
il comparto agroalimentare isolano”. Inoltre “serve un’analisi
attenta, stringere le maglie della filiera per costruire soluzioni
unitarie e condivise”. Anche perché la Sardegna ha dalla sua “armi a
disposizione come Pegno rotativo per stoccare le merci o il bando
indigenti, ma servono decisioni unitarie per rimetterle in campo,
ciascuno facendo la propria parte”. È quanto sostiene Coldiretti
Sardegna, di fronte all’annuncio del presidente Trump di imposte al
30% sulle merci europee – misura ventilata con decorrenza dal 1°
agosto.

SUBITO TAVOLO. “Oggi serve unità ed evitare reazioni emotive –
sottolineano il presidente e il direttore di Coldiretti Sardegna,
Battista Cualbu e Luca Saba – è necessario che la Regione convochi con
urgenza un tavolo tecnico che riunisca la filiera del Pecorino Romano,
il mondo bancario e le associazioni di categoria. Serve unità nelle
strategie e nelle decisioni per affrontare questa sfida, evitando che
la preoccupazione si trasformi in una pericolosa corsa al ribasso. Le
armi a disposizione ci sono ma vanno preparate e condivise da tutti
poiché ognuno faccia la sua parte in base alle proprie competenze”.

Secondo Coldiretti Sardegna “l’impatto di un dazio al 30%, sommato al
cambio attuale euro/dollaro, rischia di tradursi in un aumento dei
listini che va anche oltre il 40% – spiegano Saba e Cualbu – un
meccanismo che potrebbe indurre parte degli operatori, nella logica di
non perdere spazi di mercato, a sacrificare il prezzo del prodotto,
con conseguenze gravi per tutta la catena produttiva, a partire dai
pastori”. Ecco perché “dobbiamo impedire che si inneschi un meccanismo
psicologico dannoso, dove il timore di perdere vendite spinga ad
abbassare i prezzi alla fonte – avvertono i vertici Coldiretti
Sardegna – sarebbe un danno per l’intera economia regionale, ma anche
per quella americana: il Pecorino Romano oggi non ha surrogati
immediati negli USA, e rappresenta una filiera ben radicata anche sul
versante import-export degli Stati Uniti”.

PEGNO ROTATIVO E BANDI INDIGENTI. Per Coldiretti, in questo clima, si
può guardare con efficacia ad alcuni strumenti già testati. “Il pegno
rotativo può rappresentare una chiave per gestire il momento critico,
una soluzione che consente di ottenere liquidità lasciando il prodotto
in stoccaggio, senza immetterlo sul mercato – rilanciano Cualbu e Saba
– un meccanismo che, con il supporto congiunto di Regione, sistema
bancario e imprese, può evitare il crollo dei listini e garantire
stabilità alla filiera”. Ma ci sono anche altri strumenti già
sperimentati in passato, come i bandi per gli indigenti, che avevano
permesso di alleggerire le scorte nei periodi di crisi, sostenendo
allo stesso tempo il tessuto sociale più fragile. “In questa fase –
sottolinea Coldiretti – occorre avere visione strategica, ma anche
memoria istituzionale. Le soluzioni ci sono, serve la volontà politica
per attuarle con tempismo”.

PECORINO ROMANO. La Sardegna è il maggior produttore di Pecorino
romano con il 95% della produzione fatta nell’isola. Nel 2023 la
produzione totale è stata di circa 500 milioni di euro con un valore
delle esportazioni di 150 milioni di euro e il mercato Usa il
principale target di riferimento.

PARTITA NAZIONALE. L’imposizione dei dazi, se confermata, sarebbe
comunque un colpo durissimo all’agroalimentare italiano e sardo, come
rimarcato da Coldiretti nazionale. Un danno diretto alle imprese
agricole, che ogni giorno costruiscono valore, occupazione e qualità,
ma anche ai consumatori americani, che si vedrebbero costretti a
rinunciare a prodotti autentici o a pagarli molto di più. Si
alimenterebbe così il già diffuso fenomeno dell’Italian sounding, che
danneggia le nostre produzioni, impoverisce i mercati e inganna i
consumatori. In un momento di forte tensione globale, con le grandi
potenze che rafforzano le proprie filiere interne e investono in
sovranità alimentare, colpire l’agricoltura europea significa minare
uno dei pilastri dell’economia reale.