(riproduzione riservata)
“l’europa che nacque con la pac non esiste piu’ e con essa si e’ profondamente trasformata anche la pac. abbiamo due scelte o voltarci indietro nell’attesa di un piccolo mondo antico che non puo’ tornare, ammesso che sia mai esistito, o guardare avanti e modernizzare il nostro mondo e insieme l’agroalimentare italiano ed europeo”. lo affermano in un comunicato corrado MARTINANGELO, carmelo SATTA e nicola TAVOLETTA per agrocepi, fenapi e acli terra, intervenendo nel dibattito in corso sulla proposta per la nuova pac 2027-2032. “i prossimi 24 mesi – proseguono – saranno decisivi per l’agroalimentare in italia e in europa. molte cose sono cambiate in questi anni, ed e’ giusto e ragionevole che anche le politiche comunitarie – e di conseguenza quelle nazionali – si adeguino velocemente, offrendo al nostro settore opportunita’ di sviluppo e di innovazione. con una guerra che si combatte ai confini dell’unione, una sfida commerciale che ci vede impegnati con la questione dei dazi con il nostro principale alleato e partner economico, la proposta di riforma della pac per il periodo 2027-2032 avanzata dalla commissione europea presieduta da ursula VON DER LEYEN, e di cui l’onorevole raffaele FITTO e’ vicepresidente esecutivo, – ha suscitato soprattutto nel nostro paese critiche severe. intravediamo – aggiungono – molti elementi di contraddizione in queste ore in molte forze politiche europee e governative. vi e’ la necessita’ di maggiore chiarezza aprendo confronti piu’ di merito che demagogici. noi crediamo – continuano – che si possano chiedere piu’ fondi per l’agroalimentare ma che non si possa pretendere di non investirne parte in un progetto comune e trasversale. quello che invece – secondo MARTINANGELO, SATTA e TAVOLETTA – rappresenta una innovazione importante e’ l’accorpamento delle risorse destinate allo sviluppo nel ‘fondo unico’ per le politiche di coesione. questa scelta ha il pregio – sostengono – di imporre una riforma dei meccanismi di spesa, che hanno visto in questi anni accrescere le incrostazioni di un sistema obsoleto, farraginoso, a volte clientelare, e dove e’ cresciuto negli anni il ruolo improprio di alcune organizzazioni sindacali e di categoria, che hanno assunto la veste di soggetti gestori delle risorse pubbliche. le politiche di sviluppo dell’agroalimentare – concludono MARTINANGELO, SATTA e TAVOLETTA – devono necessariamente, come sta avvenendo con i fondi del pnrr, coordinarsi con le politiche generali di sviluppo e coesione, a cominciare dal ruolo delle filiere e dai rapporti positivi da costruire tra agricoltura e industria, tra coloro che si occupano delle produzioni primarie e chi invece presiede la distribuzione commerciale”.