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“quattro anni fa – il 4 novembre 2016 – entrava in vigore in italia la legge per il contrasto al caporalato. l’associazione italiana coltivatori – dopo l’iniziativa “1000 giorni contro il caporalato e lo sfruttamento del lavoro” organizzata nel 2019 – torna ad occuparsi di questa piaga sociale. lo fa con il webinar “lotta al caporalato: sicurezza e legalita’ come fondamento di un lavoro dignitoso”, che verra’ trasmesso il 5 novembre alle ore 16 in diretta sulla pagina facebook ‘aicoltivatori’ e vedra’ intervenire voci autorevoli delle istituzioni – presenti inps con la vicepresidente GNECCHI e inail – e della societa’ civile: partecipano il sociologo marco OMIZZOLO, il prorettore della luiss roberto PESSI e l’anmil. portera’ il suo contributo al dibattito anche la ministra teresa BELLANOVA”, rende noto un comunicato dell’aic-associazione italiana coltivatori. “il nostro e’ un duplice lavoro: assistiamo le aziende associate e nello stesso tempo difendiamo chi lavora in queste aziende”, afferma il presidente giuseppino SANTOIANNI a proposito dell’impegno di aic su diritti dei lavoratori e altri temi sociali. “il caporalato e’ una piaga sociale che lede gravemente i diritti di un numero crescente di lavoratori e produce concorrenza sleale verso le imprese sane del paese. la pratica del caporalato muove un giro di affari stimato in oltre 5 miliardi di euro all’anno. la paga media giornaliera di un lavoratore soggetto a tale forma di sfruttamento ammonta a 25/30 euro (circa 3 euro l’ora). stando ai rilievi del centro studi tempi moderni, durante la fase covid-19 si e’ registrato un aumento tra il 15% e il 20% dei lavoratori immigrati sfruttati nelle campagne italiane. cio’ significa che il covid ha prodotto un aumento di circa 40-55mila persone sfruttate. un aumento che si manifesta nella duplice direzione del peggioramento delle condizioni lavorative e dell’incremento dell’orario giornaliero di lavoro. si consideri che, nel corso del biennio 2018-2019, il tasso di irregolarita’ lavorativa in agricoltura era del 39%. durante il periodo covid-19, invece, in particolare nella fase 1, il tasso di irregolarita’ lavorativa risulta giunto al 48%. cio’ significa che quasi un bracciante immigrato su due, durante la pandemia, e’ stato impiegato in modo irregolare”, conclude l’aic.